Quando a Pizzo la tonnara “levava” e i tonni nelle reti erano in grande abbondanza, parte del pesce veniva venduto sul posto ed anche fuori; la maggior parte del pescato, comunque, non disponendo dei mezzi attuali (camion frigoriferi e congelatori), veniva lavorato e conservato in loco, sott’olio e sotto sale, “piasciàllogghju” e “tunnina”, e ciò avveniva sia negli stabilimenti che nelle famiglie. E, vista la grande quantità e la rapidità con la quale le carni dovevano essere lavorate, non si andava certamente per il sottile nel tagliarle e separare gli scarti. Le teste, per esempio, venivano recise di netto e gettate, ed è da qui che parte l’appellativo conferito ai pizzitani dai paesi limitrofi, vibonesi in primis!
Ragazzi e donne del popolo, per lo più, attrezzati di coltelli, si avventavano su queste parti tagliando e togliendo la polpa rimasta e, se considerate la testa di un tonno di uno o più quintali, di roba buona ce n’era.
Chi assisteva a queste scene, non essendo del posto e non avendo dimestichezza con la materia, vedendo queste persone armeggiare con i coltelli tra le branchi dei pesci: MANGIAGARGI, PIZZITANI MANGIAGARGI, era la logica conclusione che ne traeva!
IL LIBRO D’ORO DEI VISITATORI