Gioacchino Murat Re di Napoli
Breve storia del suo regno (1808-1814) liberamente raccontate da un “uomo della strada”
di f.r.m.
.
Giuseppe Bonaparte diviene Re di Spagna, ed al suo posto a Napoli diviene Re Gioacchino Murat (31 luglio 1808) cognato di Napoleone.
Questi inizia la difficile opera di assoggettare i calabresi che mal sopportavano di essere governati da stranieri.
I Borboni potevano contare su uomini come il cardinale Ruffo ed i Nunzianti, abili strateghi e combattenti.
Lunghe e terribili le battaglie tra francesi e Borboni che avevano arruolato anche bande di malfattori pronti a tutto, ma sopratutto ad uccidere e razziare sul territorio protetti dall’essere dalla parte dei Borboni.
Tuttavia l’azione del Re fu anche di modernizzazione dal momento che Gioacchino Murat, uomo valorosissimo ed ardimentoso, era anche figlio della rivoluzione francese e, quindi, la sua opera tese anche a creare benessere per le popolazioni calabre.
Abolì il feudalesimo con tutte le ingiustizie e le angherie che le erano congeniali.
Abolì la legge promulgata da Giuseppe con la quale era stato dischiarato “stato di guerra” ed istituì la Commissione Militare.
Decise con decreto dell’ 1 agosto 1809 la distruzione del brigantaggio sulle terre di Calabria, operazione che si rivelò molto ardua e difficile e che.
Modificò la pubblica Amministrazione rendendola più moderna ed efficente su modello francese.
La magistratura fu sottratta alla influenza del Sovrano e con la riforma tributaria il cittadino venne ad essere paritetico allo Stato.
Oltre che l’agricoltura anche le miniere ebbero un imput positivo tanto che quelle di Stilo e della Mongiana furono potenziate.
Furono incrementate la coltivazione e lavorazione del cotone stante la crescente richiesta dalla Francia.
L’istruzione fu considerata un “diritto di tutti” e non solo dei ricchi e dei potenti per cui fu imposto ai Comuni di stipendiare un Maestro, quindi nacque la scuola pubblica.
Reggio Calabria ebbe per la prima volta l’illuminazione pubblica delle strade e fu costruito quello che oggi è il liceo Campanella.
Sono state eseguite importanti opere di bonifica in zone paludose createsi dopo il terremoto del 1783 a Seminara, Sinopoli, Gioia Tauro.
L’opera svolta dal Re Murat per rimettere ordine in Calabria e fare acquistare ai cittadini dignità è stata oltremodo intensa e meritoria.
Tuttavia i Borboni mal sopportavano di aver perso questa importante parte di territorio e le virulenze erano tante.
Ancuni calabresi, giovani patrioti, lungi dall’essere briganti, si unirono alle forze borboniche e con esse combatterono.
Ma poichè i Borboni avevano assimilato alle proprie milizie anche varie bande di briganti che non per ideali ma con l’intento di mettere in essere vendette personali e razzie, anche i veri Patrioti finirono per subirne la malasorte accomunati ai briganti nelle azioni repressive di Murat.
Re Murat, credette di doversi sganciare dal cognato Napoleone Bonaparte che mal vedeva la propensione verso la gente di Calabria, e tentò così impossibili alleanze con Inghilterra ed Austria. Ma la inziativa fu infruttuosa.
Con il proclama di Rimini tentò anche la carta dell’Unità di Italia, ma senza fortuna.
Volle combattere una impari battaglia a Tolentino, ove sconfitto, perse non solo la battaglia, ma anche il regno.
L’8 giugno Murat abbandona Napoli e nello stesso giorno Ferdinando IV di Borbone si riappropriò del trono.
Murat ripara prima ad Ischia e poi in Francia.
Illudendosi di poter riconquistare il trono con l’inserruzione popolare, facendo base in Corsica, tentò di sbarcare nel Salernitano. Un tempesta galeotta squassò i suoi piani e finì per prendere terra a Pizzo Calabro.
Da qui pensava di raggiungere Monteleone (oggi Vibo Valentia) e sfruttare la riconoscenza dei cittadini per farsi appoggiare nell’azione.
Ma mentre si aggirava ancora per le viuzze della cittadina si imbattè in un drappello comandato dal capitano Trentacapilli, che lo arrestò e lo rinchiuse nel Forte.
Era domenica 8 ottobre 1815.
Il generale Nunziante, capo militare della Calabria, informò Napoli dell’arresto.
Il Re Borbone si affrettò a nominare la Commissione Militare che lo doveva giudicare e vi mise a Capo il generale Vito Nunziante.
La Commissione era composta da sette membri che dovevavo esaudire i desiderata di Ferdinando IV di Borbone: eliminare Murat
La sentenza fu infatti di morte.
Particolare tragico fu che egli venne condannato in base alla sua stessa legge che aveva promulgato per impedire moti rivoluzionari e reprimere il banditismo.
Venne fucilato alle 21 del 13 ottobre 1815 e seppellito nella fossa comune della chiesa che aveva fatto edificare!
.
Le fonti:
– Storia di Rosarno di G.Lacquaniti, seconda edizione – Editore Virgiglio.
– prof. Giovanni Amato
IL LIBRO D’ORO DEI VISITATORI