MICHELE PEZZA, noto sotto il soprannome di FRA DIAVOLO, era nato ad Itri nel 1771. Gli studiosi di lui – “scrive il Lemmi” – ignorano quando, perché e come, si rese colpevole di due omicidi, (alcuni dicono forse per vendetta) e quando abbandonò il paese natio per vivere randagio sui monti, campando con un po’ di rapine, un po’ di lavoro (se è vero che fu, per qualche tempo nello Stato Pontificio) e con i soccorsi, che in un paese, dove non esisteva giustizia pronta e sicura, nessuno osava rifiutare e qualche volta spontaneamente li offriva ai delinquenti anche peggiori. Certo è che, nel gennaio del 1798, stanco di essere ricercato fece domanda di scontare con tredici anni di servizio militare il delitto commesso, gli fu concesso ed entrò nell’esercito. Ma sbandatosi questo dopo la disastrosa ritirata del Mack, si mise lui alla testa, nel suo paese natio, di quanti, irrequieti e violenti come lui, volevano usare le armi per resistere alle invasioni delle truppe dello Championnet.
In quella circostanza svolse allora un’azione veramente efficace piombando al momento opportuno dalle sue montagne, sugli sparsi reparti invasori, catturando i convogli, rendendo poco sicure o interrompendole del tutto le loro comunicazioni fra Roma e Napoli lungo la grande via Appia. L’opera di questa sua guerriglia, energica e spietata, non ebbe tregua durante l’intiero anno 1799: alcune volte con parecchie centinaia di uomini, altre con pochissimi compagni, ma sempre con la stessa determinazione e il medesimo entusiasmo, ma anche desiderio di vendetta (il 16 gennaio i Francesi, nel saccheggio di Itri, gli avevano ucciso il padre).

Poi molestò la ritirata del Macdonald, contribuì al blocco di Gaeta difesa dal Girardon, prese parte alla spedizione di Roma. In quest’ultima circostanza le sue bande, costituite quasi intieramente di pessimi elementi (erano la maggio parte ex galeotti liberati in Sicilia), si abbandonarono a una serie di violenze contro il patrimonio che egli stesso fu imprigionato a Castel S. Angelo.
E’ fuori dubbio che i generali napoletani non lo stimavano, lo consideravano un brigante e forse lo avrebbero condannato come tale se egli non fosse riuscito a fuggire a Napoli e di là a Palermo. La corte invece, che poco prima lo aveva nominato colonnello e una cospicua pensione, lo accolse benevolmente; passando sopra a tutte le accuse, gli confermò il grado e, non molto dopo, gli diede l’ufficio di comandante del dipartimento d’Itri.
Nel 1806 contribuì alla difesa di Gaeta assalendo continuamente l’esercito assediante; ma anche qui non si guadagnò le simpatie del Principe Philippsthal, sia perché lo riteneva un volgare malfattore e sia perché sospettava che aveva relazioni con i francesi, i quali, infatti, avevano, sebbene invano, tentato di corromperlo con denaro. Presa Gaeta ritornò poi a Palermo, e di là, il 29 giugno, con 600 galeotti, sbarcò ad Amantea cooperando, poco prima della battaglia di Maida allo scoppio della grande insurrezione in quelle altre località che abbiamo visto sopra. Nell’agosto fu, con lo SMITH, all’attacco della Torre di Licosa nel golfo di Policastro, poi a Capri e, il 5 settembre, a Sperlonga, in Terra di Lavoro, con una numerosa banda raccolta nel Cilento o presa a S. Stefano. Battuto a S. Marco, riuscì tuttavia a sorprendere ad Itri il presidio francese che fu da lui massacrato; e dopo aver compiuta questa vendetta, si rifugiò a Sora dove qui il generale Espagne andò ad attaccarlo. Sora fu presa e saccheggiata, e molti cittadini furono uccisi: ma Fra Diavolo riuscì a fuggire con pochi seguaci. Una grossa colonna al comando del capo battaglione HUGO, (il futuro padre del grande scrittore) fu mandata a inseguirlo, tutti i passi dell’Appennino verso l’Abruzzo furono presidiati e fu messa in armi tutta la guardia nazionale della regione; ma l’abile guerrigliero, ottimo conoscitore dei luoghi, abituato ad ogni fatica e ad ogni privazione, ricco di espedienti e di astuzie, sembrava proprio in grado di poter raggiungere la Calabria, per poi mettersi di là in salvo in Sicilia.
Ma a Baronissi fu riconosciuto in una farmacia dove era entrato per medicarsi, scalzo, ferito, esausto e, ironia della sorte, era solo, non scortato da nessuno dei suoi briganti !
Era il 1° novembre; la caccia era durata quasi due mesi! Condotto a Napoli e affidato a un tribunale straordinario, si afferma che al processo scagliò ingiurie e improperi contro la regina Maria Carolina e contro tutti gli Inglesi.
Il “Marulli” invece afferma che FRA DIAVOLO, rifiutò sdegnato la grazia offertagli a condizione che servisse il re GIUSEPPE.
Certo è che SIDNEY SMITH e lo stesso HUGO si adoperarono, sebbene invano, affinchè fosse trattato come un qualsiasi prigioniero di guerra. Ma il 10 novembre fu condannato a morte, e la sentenza fu eseguita, l’11 novembre, nella solita piazza del mercato a Napoli. Mentre la Corte siciliana gli rese solenni onoranze funebri; il suo nome rimase famoso più di quello di qualsiasi altro capo di bande in quel periodo.
Ma non bisogna lasciarsi vincere dalla seduzione di facili glorificazioni. Fra Diavolo fu energico e coraggioso, abile e intelligente, desideroso d’innalzarsi anche moralmente a gradi più alti di quelli consentitigli dalla sua origine; ma conservò pur sempre, nella sua condotta, gli istinti del brigante. La sua fama deriva in gran parte dal suo nome: la sua uccisione, che non può ritenersi ingiustificata, non rassomiglia affatto a quella, sotto ogni aspetto iniqua, del marchese RODIO…”.