G. B. RODIO, era nato a Catanzaro nel 1779 e di professione faceva avvocato. Si era acquistato gran fama già a vent’anni prendendo parte come audace e intelligente capobanda alla reazione borbonica del 1799. Conquistata Napoli dal Ruffo, aveva invaso la Repubblica Romana; la corte lo aveva ricompensato dei preziosi servizi ricevuti, nominandolo preside di Teramo e poi di Cosenza, poi brigadiere, cavaliere dell’Ordine Costantiniano e marchese. Nel 1804 era stato mandato commissario regio presso il generale Saint-Cyr in Puglia; nel 1806 fu spedito nell’Abruzzo alla testa di un corpo regolare di cavalleria per organizzare le bande; ma, non essendo riuscito nel suo intento, si ritirò nella Puglia, dove nel marzo fu fatto prigioniero dalle truppe italiane del generale Ottavi. Condotto davanti alla commissione militare, questa il 25 aprile lo mandò assolto, considerandolo giustamente non come capò di briganti, ma ufficiale borbonico incaricato dal re di provvedere alla difesa di province non ancora invase; ma il Massena, interprete forse dei sentimenti del re e del ministro di polizia Saliceti, con procedimento scandaloso, quel giorno stesso costituì una nuova commissione straordinaria, ordinando a questa di giudicare entro ventiquattro ore il Rodio, colpevole di avere eccitato alla rivolta i popoli sottomessi e perché trovato con le armi in pugno nelle retrovie dell’esercito francese. Evidentemente si voleva la morte del giovane brigadiere, il quale, condannato il 26 alla pena capitale, fu il giorno dopo fucilato alla schiena.